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Etichettatura: cosa cambierà a partire dal 13 dicembre 2016?

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Mai come negli ultimi anni grazie alla spinta dell’Unione Europea la tematica dell’etichettatura ha assunto un’importanza primaria nell’ottica della tutela del consumatore.

Un consumatore correttamente informato è difatti un consumatore in grado di poter orientare le proprie scelte oltre che sul prezzo e sul marchio, anche su altri e più importanti elementi: l’etichetta è come un curriculum, ossia un mezzo con cui si racconta e ci si presenta. E come tutti i curriculum che si rispettino, l’etichetta dovrebbe avere due fondamentali caratteristiche: chiarezza e veridicità.

Prima però di vedere cosa cambierà è necessario procedere ad una schematica illustrazione della situazione normativa attuale in tema di etichettatura dell’olio di oliva.

Vi siete infatti mai chiesti perché nei supermercati troviamo oli di marchi anche noti, magari con richiami all’Italia sull’etichetta a prezzi irrisori (3-4 euro al litro), mentre sentiamo dire da più parti che commercializzare un olio italiano di qualità accettabile porta ad un costo quantomeno doppio rispetto a quello indicato?

La risposta è semplice ed è contenuta nell’etichetta: non si tratta – nella stragrande parte dei casi e fatte salve vendite sottocosto – di olio italiano, molte volte non si tratta neppure di olio comunitario.

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Una prima precisazione: quali sono i paesi membri della Unione Europea? Sono tanti, ad oggi 28: Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Ungheria.

Come vedete ci sono paesi che hanno ben poco in comune con l’Italia – in gergo tecnico si parla di acquis – anche se nel settore oleario, per ovvie ragioni climatiche, i produttori di olio sono paesi abbastanza ‘vicini’ al nostro.

La parte da leone la fa la Spagna che da sola produce la metà dell’olio dell’Unione Europea, segue l’Italia al 22 % circa, poco dopo la Grecia; il vantaggio della Spagna rispetto all’Italia è che la dimensione media di area coltivata per azienda è di 6 ettari, con uno solo dell’Italia.

Ma torniamo alle etichette: vi sono un sacco di normative Europee succedutesi negli anni, in questa sede provvederemo ad effettuare una estrema sintesi a scopo puramente divulgativo e teso a sensibilizzare il consumatore.

Il regolamento CE n. 182/2009 – in ritardo peraltro rispetto a quanto già l’Italia aveva previsto- portò a rendere obbligatoria l’indicazione dell’origine dell’olio. Per la verità come accennato l’Italia già nel 2007 aveva previsto come obbligatoria l’indicazione sia del frantoio ma anche e sopratutto del paese in cui le olive erano state coltivate: proprio per questo il Regolamento europeo fu – paradossalmente – visto in realtà come una vera e propria vittoria del nostro paese a tutela del made in Italy. Procedendo ad una semplificazione, tale normativa unitamente alle successive addende come quella di cui al n. 1169 del 2011 – ha previsto grosso modo le seguenti tre ipotesi:

  1. Olio coltivato e franto in uno stesso stato:
    Le etichette potranno recare ad esempio – parlo sempre dell’Italia – la dicitura “Olio 100% Italiano”.
  2. Olio coltivato in paese diverso da quello in cui è stato franto:
    L’etichetta potrà recare ad esempio la dicitura “Olio prodotto in Italia da olive raccolte in Tunisia”.
  3. Miscele di oli comunitari e/o non comunitari:
    Si potrà quindi trovare a titolo esemplificativo “Miscela di oli di oliva comunitari e non comunitari”.

In ogni caso, indicazione che reputo personalmente insensata, il nome dello stato in questione può essere sostituita dalla generica dizione “Olio prodotto con olive da olive comunitarie”.

Una precisazione ulteriore: deve essere obbligatoriamente indicato altresì il nominativo dell’operatore del settore alimentare, ossia di colui che lo mette in commercio; è quindi facoltativa l’indicazione dell’ovicoltore. Mi pare una indicazione utile solo in maniera meramente lata, posto che al consumatore interessa sapere delle olive e di chi le ha coltivate.

E qui infatti nasce un inghippo non infrequente: devono fare quindi molta attenzione le piccole aziende agricole che raccolgono le olive e le portano poi a frangere in una azienda terza poiché non proprietari di apposito macchinario. Il nome del produttore da imprimere sull’etichetta sarà quello del frantoio e non quello della Azienda agricola!

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Una precisazione che nella veste di consumatore paradossalmente mi ha tratto in inganno. La dicitura “olio d’oliva di categoria superiore ottenuto direttamente dalle olive e unicamente mediante procedimenti meccanici” non fa altro che individuare l’olio extra-vergine di oliva così come descritto dal Regolamento UE 29/2012. Dico paradossalmente non a caso posto che l’Unione Europea ha cercato di semplificare e correttamente informare il consumatore: nel mio personalissimo caso credevo invece che tale dicitura fossa relativa ad una qualche peculiare caratteristica, cosa che come abbiamo visto non corrisponde a verità in quanto la dicitura categoria superiore vale solo a distinguere l’extra vergine dal semplice olio di oliva.

Passando oltre, l’aggettivo che spesso si riscontra (ad esempio “leggero”, “robusto”) è reputata pratica ammessa solamente se parametrata a risultati oggettivi ottenuti effettuata con il metodo previsto dal “Consiglio oleicolo internazionale per la valutazione organolettica degli oli di oliva vergine”, e descritto all’allegato XII del Regolamento C.E 2568/91.

Proseguendo ulteriormente oltre, il Regolamento n. 1169/2011 già citato (alla luce anche del regolamento di Esecuzione n. 29/2012), ha previsto la facoltatività di talune indicazioni e qua ne ricordiamo una abbastanza significativa ossia quella relativa al tipo di spremitura. Due le tipologie:

-“prima spremitura a freddo”:

riservata agli oli di oliva vergini ed extra vergini ottenuti ad una temperatura inferiore di 27° , con un processo di spremitura meccanica della pasta di olive, seguito da un estrazione dell’olio di tipo tradizionale mediante presse idrauliche;

-“estratto a freddo”:

riservato a quegli oli sempre ottenuti ad una temperatura inferiore ai 27°C, la cui estrazione si ha a mezzo di percolazione o centrifugazione della pasta di olive.

La differenza, detta in parole povere e non così corrette, è quella che corre tra l’estrattore di frutta e verdura e il centrifugatore. Il prodotto del primo macchinario sarà praticamente similmente ma di qualità teoricamente migliore poiché la materia prima ha subito un minor ‘stress’.

Andiamo ora alla c.d. Legge Salva Olio (n.9 del 2013) che rappresentò un vero e proprio unicum nel panorama europeo, una creazione tutta italiana che introduceva una serie di vincoli ulteriori in tema di etichetta; come accadde qualche anno prima, anche in questo caso l’Unione Europea avversò tale scelta.

Innanzitutto viene data particolare importanza all’aspetto grafico prescrivendo che l’origine dell’olio deve essere messa in evidenza, deve esserci una chiara indicazione frontale del luogo dal quale proviene l’olio.

Nel – abbastanza frequente negli oli dal costo medio dei 3-4-5 euro al litro – mix di oli proveniente da più paesi diversi, il termine “miscela” deve essere stampato con una colore ed un carattere cromaticamente e graficamente in contrasto con lo sfondo e con le altre indicazioni.

Il consumatore deve quindi sapere da dove viene l’olio e se si tratta di un mix di più oli.

Non basterà più quindi che l’olio sia meramente imbottigliato in Italia, magari da un brand che riconosciamo come puramente italiano. La legge impone ai fornitori precise indicazioni grafiche e tale obbligo è quanto mai opportuno: chi al supermercato non si fa rapire da una etichetta verde, con caratteri color oro, una bella bandierina impressa ed un prezzo accattivante. Ebbene, basterà leggere l’etichetta posta di fronte per capire con cosa andremo a condire le nostre bruschette.

Attenzione particolare anche all’annata: si potrà indicare l’annata in cui le olive sono state raccolte solo se il 100% del racconto proviene da tale annata. E’ una indicazione che certamente interessa i produttori più piccoli i quali però dovranno stare molto attenti a redigere l’etichetta poiché le sanzioni sono ad oggi veramente salate.

Vengono anche disciplinate le vendite sottocosto degli extra vergine di oliva:

  • obbligatorio il preavviso da darsi almeno 20 giorni prima al Comune ove è sito l’esercizio,
  • tale vendita è esperibile solo una volta per anno,
  • tale vendita non può essere comunque fatta da un esercizio che detenga una quota superiore al 10% della superficie complessiva di vendita nel territorio della provincia.

Concludiamo quindi con l’argomento citato nel titolo: il solo art.9 del predetto Regolamento Ue n.1169 del 2011, entrato in vigore il 13 dicembre 2014, spiegherà invece i suoi effetti il 13 dicembre 2016.

E quali sono le novità introdotte?

Per quanto qui di interesse diventerà obbligatoria l’indicazione della completa scheda nutrizionale dell’olio il contenuto calorico, i grassi, i grassi saturi, i carboidrati, gli zuccheri e i sali, con espressione classica come quantità per 100 grammi o per 100 millilitri.

Anche per l’olio tali nuove indicazioni obbligatorio rivestono la loro importanza potendo fornire una ulteriore indicazione al consumatore sulle qualità chimiche dell’olio di modo che chi è interessato all’acquisto possa procedere ad una comparativa nutrizionale vera e propria.


avvocato-gabriele-meucciQuesto Contributo è stato scritto da:
Avv. Gabriele Meucci del Foro di Pisa

I suoi ambiti di competenza sono nel diritto civile e diritto penale con particolare attenzione alla tutela del consumatore, del commercio elettronico. Sia per il contenzioso che per il precontenzioso.

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